La vite è un rampicante e in natura tende a crescere su sostegni occasionali oppure a strisciare sul terreno.
Il fusto ha una corteccia scura che tende a sfaldarsi longitudinalmente; può essere unico o diviso in branche da cui nascono diversi tralci. Questi hanno il compito di sviluppare gemme, foglie, grappoli e viticci; quest’ultimi sono le strutture con cui la pianta si lega ai tutori. I tralci sono composti da nodi e internodi lunghi anche 20 cm. L’apparato radicale può essere molto profondo ed esteso.
La foglia della vite ha un picciolo lungo 3-6 cm e la sua lamina presenta dei lobi (da 3 a 5). La pagina superiore è verde brillante mentre la pagina inferiore è più chiara e pubescente; il margine fogliare è dentato.
Il fiore della vite è ermafrodita e l’impollinazione è prevalentemente anemofila. I fiori sono riuniti in un ’infiorescenza a racemo (detto anche raspo). Il frutto della vite è l'acino, una bacca dal punto di vista botanico. I suoi semi sono detti vinaccioli. Gli acini compongono il grappolo; questo può avere diverse forme (cilindrica, piramidale) ed essere compatto o molto aperto.
Il ciclo vegetativo della vite ha inizio a fine inverno con il germogliamento. Questo è preceduto dal fenomeno del “pianto”, dovuto alla fuoriuscita di liquido dai tagli di potatura; ciò avviene per l'aumentato assorbimento di liquidi da parte dell'apparato radicale. Il germogliamento avviene quando la temperatura media si mantiene sui 10° per 7-10 giorni; il suo inizio dipende dalla latitudine e altitudine, dal tipo di vitigno e dalle tecniche colturali. La crescita del germoglio si protrae fino alla metà di giugno dopodiché diminuisce costantemente fino a fermarsi a inizio Agosto. A questo punto si ha l’agostamento che consiste nella lignificazione dei germogli.
La fioritura avviene fra metà maggio a giugno, a seconda delle varietà e dalla localizzazione delle viti. Dopo la fecondazione vi è l’accrescimento e la maturazione degli acini che può durare anche fino a 120 giorni. Lo sviluppo degli acini passa attraverso tre fasi: erbacea, traslucida e di maturazione. Nella prima fase essi hanno un diametro di pochi millimetri, una colorazione verde (sono organi fotosintetizzanti) e mostrano un rapido accrescimento. Nella seconda fase la crescita si arresta e si ha la cosiddetta invaiatura con la quale la buccia assume la sua colorazione finale. Con la maturazione, all’interno della bacca si ha l’ingrossamento delle cellule, l’aumento degli zuccheri, la diminuzione degli acidi e la sintesi delle sostanze aromatiche.
Prima delle glaciazioni del Pleistocene la vite doveva essere diffusa dall'Europa all'Asia e poi si rifugiò nel bacino del Mediterraneo e in alcuni territori asiatici. Sembra che la forma selvatica sia stata addomesticata 5 mila anni fa dai popoli caucasici. Dal Caucaso la vite domestica si è diffusa poi nella mezzaluna fertile. Le prime testimonianze sulla coltivazione della vite e il consumo del vino sono una scrittura sumera e i resti di una cantina entrambe del terzo millennio avanti cristo.
I Fenici diffusero la cultura del vino nel bacino del mediterraneo e i greci furono i primi a concepire una viticoltura specializzata. Essi la introdussero anche in Sicilia con il nascere delle loro colonie.
Nel centro e nel nord dell’Italia la diffusione della vite fu promossa dagli Etruschi i quali possedevano evolute nozioni vitivinicole e agricole. Successivamente i romani esportarono la coltivazione di questa pianta all'interno dei confini del loro impero, dalla Spagna al Danubio. Nel II secolo a. C. la vite è una delle principali colture e i vigneti diventano delle vere e proprie piantagioni. I romani introdussero alcune tecniche di coltivazione che resistettero in Campania fino al 1700 e selezionarono vari vitigni che sono sopravvissuti, senza grosse modifiche, fino ad oggi.
Le iconografie di tutti i popoli antichi illustrano spesso la vendemmia, la vinificazione e il consumo di vino. Molta della ceramica e del vasellame bronzeo era destinato al consumo del vino durante i banchetti. Questo veniva spesso diluito con acqua e impreziosito con spezie ed aromi vari. Al vino veniva attribuito un carattere religioso; si consumava infatti nei simposi dedicati a Dionisio (nel caso dei greci) o Bacco (nel caso dei romani).
La sacralità della vite e del vino non scompare con l’avvento della fede Cristiana; Il vino rappresenta il sangue di Cristo versato per la redenzione dell’uomo. In una celebre parabola Gesù si paragona ad una vite dove i tralci (rappresentanti i discepoli) possono vivere solo attaccati alla pianta e non staccati da essa.
Con la crisi dell’Impero romano la viticoltura andò in declino e i pochi vigneti sopravvissero vicino agli insediamenti abitativi e all’interno dei monasteri. La viticoltura «ecclesiastica» fu fondamentale per la conservazione delle conoscenze sulla coltivazione e la produzione del vino (questo veniva utilizzato durante la celebrazione della Messa). Solo tra il XI e il XIII secolo, in età comunale, si ritornò a investire nell’agricoltura e nella viticoltura.
I nemici naturali della vite più comuni sono la fillossera, l’oidio e la peronospora. La fillossera è un acaro originario dell’America settentrionale che provoca gravi danni alle radici. La peronospora è un microrganismo appartenente agli oomiceti (anch’esso originario dell’America) che attacca le foglie e i grappoli d’uva. L’oidio è un fungo ascomycota, le cui spore attaccano il raspo del grappolo provocandone la morte.
I parassiti nordamericani arrivarono in Europa alla metà del 1800 ed ebbero un impatto fortissimo sulla viticoltura. Si riuscì a salvare i vigneti dalla fillossera innestando le viti europee con barbatelle di viti americane; queste sono infatti resistenti al parassita. Nelle piante si può notare Il punto d'innesto che si presenta come un ingrossamento del fusto poco sopra il livello del terreno.
Per debellare l’oidio e la peronospora furono introdotti i trattamenti con zolfo e rame (poltiglia bordolese).
Attualmente In Italia vengono coltivati circa 350 tipi di vitigni. Nel territorio di Capolona troviamo: Sangiovese, Mammolo, Syrah, Merlot, Canaiolo, Cabernet Sauvignon ed Ancillotta. I produttori principali gestiscono le viti secondo il metodo biologico e cercano di garantire la biodiversità locale mantenendo l’alternanza fra vigneti, boschi, siepi ed altri elementi del paesaggio rurale tradizionale.