In molti luoghi delle nostre colline e montagne si può osservare il fenomeno di ricolonizzazione delle aree agricole abbandonate da parte di arbusti ed alberi autoctoni. Questo è iniziato negli anni 60 del secolo scorso quando si è avuto il boom economico e la realtà sociale e produttiva del paese è completamente cambiata. Alla dura realtà dei poderi si è preferito un nuovo stile di vita, più moderno e concentrato nei centri urbani, piccoli e grandi.
Se cessano le coltivazioni o il pascolo, molto lentamente il «manto vegetale» si riappropria degli spazi che gli erano stati sottratti. Dal punto di vista ecologico si parla di una “successione” di comunità vegetali che, nel tempo, porta ad un bosco di neoformazione. Si passa prima dalla fase dell’incolto, poi a quella dell’arbusteto ed infine alla foresta. Si stima che per tornare all’effettivo ambiente forestale primario siano necessari 200-300 anni.
Dove questa evoluzione è più evidente il paesaggio rurale è del tutto scomparso e l’ambiente appare più “selvatico” ma allo stesso tempo più omogeneo rispetto al passato.
L’avanzamento del bosco è stata una dei più radicali e impattanti trasformazioni ambientali che hanno interessato il nostro paese, soprattutto nelle aree appenniniche.
Si tende a pensare che il forte aumento della superficie forestale sia un fattore positivo. In realtà lo sviluppo incontrollato di nuove aree boscate può avere conseguenze sociali, culturali, ambientali ed economiche. Si ha, infatti, perdita di ecosistemi e paesaggi storici e terreni produttivi, oltre che l’aumento del rischio di dissesti e altri disastri naturali (inondazioni, frane, smottamenti ed incendi). Questo soprattutto perché gli stadi intermedi del processo di successione sono molto instabili e vi è una minore cura e vigilanza da parte delle popolazioni locali.
A livello ecologico si ha un grande cambiamento, in termini qualitativi, a seguito della ricolonizzazione da parte del bosco. Gli ecosistemi di cui l’uomo era fautore, infatti, ospitano un gran numero di specie, animali e vegetali. Con l’inizio della successione vi è una forte riduzione della biodiversità e si perdono le specie che sono, in generale, molto specializzate ed esigenti; queste fanno posto a specie più competitive e generaliste. Per quanto riguarda la fauna si è assistito, ad esempio, alla rarefazione di specie di uccelli legate strettamente agli ambienti aperti a favore degli ungulati e dell lupo.
Si hanno poi evidenti effetti sull’estetica del paesaggio il quale non è più complesso ed articolato come nel passato. Uno dei più evidenti è la perdita dell’elemento cromatico dovuto alle fioriture per l’impoverimento floristico che è tipico dei prati e dei pascoli.
Non è un caso che nella direttiva Habitat, con la quale l’Unione Europea definisce quali siano le specie ed ecosistemi da tutelare, sono elencati diversi habitat “seminaturali” che necessitano cioè dell’azione umana per essere mantenuti, unitariamente a molte piante ed animali ad essi legati.