Questo anfibio è un endemismo italiano. Predilige le aree collinari e montane dove si riproduce nei torrenti e ruscelli (che scorrono generalmente all’interno di aree boschive) o nelle vasche e abbeveratoi. E’ presente solo sporadicamente in stagni o pozze temporanee. L’attività è in gran parte diurna. La peculiarità della specie è di rimanere legata agli ambienti acquatici anche fuori del periodo riproduttivo.
La massima lunghezza del corpo è di 6 cm nei maschi e 6,5 nelle femmine. Le parti superiori della rana appenninica hanno del colori che vanno dal bruno-rossiccio, al marrone, al grigio, al grigio-olivaceo, al bruno-giallastro; di regola hanno varie macchiette più scure o anche biancastre, ocra-dorato o rosato. Le parti inferiori sono biancastre, con la gola e una parte del petto più o meno macchiati di scuro. Ha una banda temporale abbastanza evidente. Il maschio si riconosce dalla femmina per gli avambracci più robusti e un cuscinetto grigio-nerastro sul primo dito della zampa anteriore.
Questa rana raggiunge la maturità sessuale all’età di 2-3 anni. L’amplesso può durare anche alcune ore. Il maschio fa udire la sua voce nelle competizioni con altri esemplari per il possesso della femmina. La femmina depone da 100 a 500 uova riunite in masse rotondeggianti che aderiscono alle pietre sommerse o si adagiano sul fondo. Lo sviluppo delle larve richiede circa 2-3 mesi; queste sono bruno-grigiastre e a fine sviluppo raggiungono 4-5,5 cm di lunghezza totale.
Gli adulti si nutrono di piccoli invertebrati mentre le larve sono onnivore (in prevalenza vegetariane).
Le principali minacce per la specie sono la perdita di habitat dovuti a opere di captazione idrica e l’eliminazione della vegetazione spondale, l'inquinamento delle acque e l'immissione di trote nei torrenti. Quest’ultime possono decimare larve, neometamorfosati e giovani rane.
La rana appenninica è inserita nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato D della Direttiva Habitat.